La Corale S.Antonio
"Gruppo Amico"
Capita di non riuscire a parlare di qualcosa perché non si trovano le parole adatte e cercandole si annaspa nei propri ricordi. E’ proprio quello che mi sta capitando davanti a questo foglio bianco; nella mente, ma soprattutto nel cuore, un turbinio di aneddoti, di volti, di sentimenti che si mischiano ma che ho l’obbligo di tenere distinti se voglio arrivare al termine di questo scritto. Come iniziare allora questo racconto? Forse è opportuno dare un incipit dalla definizione di coro. Come spiegare ciò che è un coro? O meglio: cosa è VERAMENTE un coro? Un insieme di voci che cantano? No… è riduttivo. Un gruppo di strani tipi che si divertono a “scimmiottare” i grandi della musica? Macché Quelli che cantano in parrocchia, stonati come non so cosa, durante le liturgie? Be’, si, anche, ma non solo! Le definizioni accademiche esistono, ma non rendono nemmeno lontanamente l’idea di quello che significhi ESSERE un coro. Esserlo, viverlo e amarlo. La Corale di Sant’Antonio (o Gruppo Amico che dir si voglia) è tutto questo insieme. Nasce per gioco nel giugno del 1988, l’occasione è una festa da organizzarsi all’interno della struttura: “Casa Circondariale del Bassone” per l’intrattenimento degli “ospiti” lì residenti. L’idea parte da Padre Luigi, in un battibaleno coinvolge un gruppo di amici (da qui il nome) che, con tanta voglia di fare musica insieme, imbastiscono uno spettacolo da rappresentare davanti ai carcerati. Lodovico, Ada, Beppe (loro tre da sempre nel gruppo), Stefania, Beatrice, Laura, Antonio, Simona ed io, diamo corpo ad un’unione che evidentemente ha saputo dotarsi di ottime fondamenta se dopo tutto questo tempo siamo ancora qui a parlare di noi.
Si sa che l’appetito vien mangiando e dagli spettacoli saltuari nelle strutture di rieducazione sociale (modo elegante per dire che si facevano veri e propri tours per le galere di tutto il nord d’Italia) ci “imbuchiamo” in Parrocchia, approfittando del fatto che già da qualche anno la S. Messa delle 11.00 era da me accompagnata all’organo. Il gruppo decide così di riunirsi anche in occasione delle domeniche e allargare il repertorio profano anche ad un repertorio liturgico leggero. La visibilità è ora molto più accentuata e l’ingresso di nuove voci (così come l’uscita) diventa la costante di tutto il nostro percorso.
Non voglio per ragioni di tempo ma soprattutto per il cruccio di poter dimenticare qualcuno, elencare i nomi di chi si è avvicendato nel nostro gruppo. In questo momento i loro volti mi corrono davanti agli occhi, chi per un episodio in particolare, chi per una voce non particolarmente intonata, chi per l’impegno e la passione. Ricchezze che ognuno di loro ha lasciato come patrimonio nell’esperienza della corale. Vorrei ricordare solo due persone che all’interno del gruppo non ci sono più: Beatrice e Giulia. Mi piace rammentarle ancora con il loro libro dei canti fra le mani: una sempre alla disperata ricerca dello spartito che mai trovava, l’altra con il dannato bisogno di avere la mia approvazione e quel “lei” che non è mai riuscita a trasformare in “tu”.
L’ambizione di divenire il coro titolare della Parrocchia si avvera nella notte del Santo Natale del 1993. Ricordo Padre Rodolfo e le sue parole per il passaggio di testimone: “Adesso siete voi giovani a dover proseguire il cammino”. Grazie Rodolfo per quelle parole che mi sono servite per tener duro anche nei momenti in cui sarebbe stato più semplice abbandonare l’impegno che questa realtà comporta, ma la responsabilità di ereditare il ruolo del tuo “Coro Alba” mi ha sempre spronato a proseguire. Bando alla tristezza, già perché il coro non è affatto un ambiente dove regna questo sentimento anzi… Spesso bisognerebbe moderare “l’entusiasmo” che domina in “balconata”. Durante le prove ma anche, ahimè, durante le celebrazioni ufficiali un po’ meno “entusiasmo” sarebbe più appropriato. Naturalmente mi ci metto in prima persona e cospargo per primo il capo di cenere. Sono, comunque, soddisfatto dei risultati raggiunti. E’ ovvio, margini di miglioramento ce ne sono e rilevanti, ma è altrettanto vero che il tempo dedicato alle prove è proporzionale ai risultati che si possono ottenere ed in questo caso gli esiti prodotti sono addirittura “inspiegabili”. Siamo sempre alla ricerca di nuove voci per arricchire il colore delle esecuzioni e soprattutto per far fronte a quella “serie” di impegni che Padre Nando ( te possino) ha preso l’abitudine di affidarci. Quindi se qualcuno che in questo momento sta leggendo queste parole vuole tirar fuori “il Pavarotti” che è in lui, noi lo aspettiamo a braccia aperte. Spero di non aver annoiato ed in poche righe aver saputo descrivere quello che in realtà non basterebbero pagine per raccontare: come le voci si intrecciano, creando suggestioni e vibrazioni. Come si può spiegare l’emozione che provo nell’ascoltare cosa riusciamo a produrre con le sole voci? I nostri cuori vibrano all’unisono, come le nostre voci: E’ QUESTO IL SEGRETO DI ESSERE UN CORO, vibrare all’unisono, sorridere dello stesso sorriso, emozionarsi della stessa musica. E pensare che lo strumento è nostro, unico, personalissimo, diverso per ciascuno di noi: la nostra voce. Semplice no? Dio ci benedica!
Valeriano Maspero