IL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE

 

Un organismo di partecipazione dei laici

 

 

 

a) Cos’è.

           Negli avvisi sulle attività parrocchiali settimanalmente comunicati in chiesa, torna con una certa frequenza la citazione di incontri del Consiglio Pastorale, un organismo parrocchiale di cui non tutti hanno conoscenza, malgrado la sua importanza. E’ dunque opportuno vederlo un po’ da vicino per comprenderne ruolo e funzione.

           Sino agli anni ’60 non esisteva. Le sue origini sono dovute a una decisione del Concilio Ecumenico Vaticano II, assunta con la finalità e l’intento di promuovere una più attiva e forte partecipazione dei fedeli laici alla vita della Chiesa, in forma di coinvolgimento e collaborazione all’azione pastorale del clero.

           Si è voluto, in questo modo – in ogni parrocchia - , affiancare all’azione dei sacerdoti un gruppo di laici che fosse “espressione della comunità dei fedeli”. Proprio per questo, le persone chiamate dal Popolo di Dio a rappresentarlo devono possedere i requisiti necessari che fondamentalmente sono due:

-        Essere persona “di fede”;

-        Qualificarsi per una “buona” appartenenza alla comunità.

In altri termini, esse devono vivere una vita cristiana ed essere ben inseriti nel tessuto parrocchiale.  

           La logica di questi criteri è evidente. Chi è chiamato (con suo consenso) ad essere consigliere nel Consiglio Pastorale Parrocchiale, non vi parteciperà a titolo di presenza personale, poiché diviene un referente della e nella realtà ambientale religiosa in cui vive e opera. Rappresenta la comunità che lo ha espresso e, avendone una conoscenza vissuta, è in grado di portarne in Consiglio i bisogni, le attese, le speranze e le prospettive, per rendere appropriato ed efficace il compito del Consiglio stesso, che consiste nel coadiuvare il Parroco ad animare e migliorare la dimensione religiosa e pastorale della comunità parrocchiale.

 

b) Competenze e funzione.

            La sfera di competenza del Consiglio Pastorale è quella propriamente consultiva, per cui ci si attende da esso che esamini tutte le questioni e i problemi riguardanti la comunità parrocchiale di volta in volta proposti o sottoposti alla sua attenzione e - col concorso di tutti i suoi membri – esprima il suo parere, cosicché il Presidente (il Parroco), sempre insieme al Consiglio, possa decidere quali iniziative attuare, scegliendo quelle che meglio rispondono al bene comune, alle situazioni e ai bisogni spirituali e – in parte – anche materiali del Popolo di Dio.

           Al consiglio è pertanto richiesto di essere una “piccola comunità” e di partecipare solidalmente allo svolgimento di questi compiti, in uno spirito che va oltre la solidarietà sociale per concretizzarsi nell’operare con reale senso di fratellanza cristiana per il benessere della più grande comunità in cui stanno le sue radici. Ed è pacifico che a quest’ultima i consiglieri debbano offrire costantemente una testimonianza palese, univoca e ferma di fede e carità per diffondere e rafforzare il senso del “camminare e crescere insieme”, sostenendosi vicendevolmente con amore e preghiera.

           E’ però necessario che il Consiglio Pastorale abbia piena consapevolezza del proprio ruolo. A questo fine, si chiede ai suoi componenti di partecipare puntualmente alle proposte di incontri periodici per la formazione specifica e l’aggiornamento, volti ad approfondire la conoscenza delle verità di fede, e a praticare gli indirizzi evangelici, per essere all’altezza di contribuire con efficacia a promuovere stimoli e proporre iniziative nel campo della catechesi, della liturgia, della carità e in ogni altro in cui si articola la vita cristiana della comunità parrocchiale.

           Se da un lato, tutto ciò è seriamente impegnativo, dall’altro è anche fonte di crescita nello spirito di servizio e nella conseguente responsabilità, per essere veramente di aiuto al Parroco nel coinvolgimento dei parrocchiani, non solo nella testimonianza ordinaria della fede, ma anche in quelle circostante costituite da eventi, ricorrenze e celebrazioni che sono di particolare rilevanza per la Chiesa locale, come si verifica normalmente nella storia di ciascuna parrocchia. Nel nostro particolare caso (per citare alcuni esempi), durante gli ultimi anni il Consiglio Pastorale si è speso facendo memoria, con varie iniziative, del 65° anniversario di erezione della Parrocchia e altrettanto ha fatto più recentemente in occasione della ricorrenza del 70°.

 

IL NOSTRO CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE

 

a) Sintesi dell’evoluzione di un organismo che sta al passo coi tempi.

b)

           La parrocchia comasca di S. Antonio ha raccolto abbastanza tempestivamente l’input del Concilio Vaticano 2° di chiamare i laici a partecipare in modo più diretto e attivo alla vita della Chiesa locale, istituendo a breve distanza dalla conclusione del Concilio predetto il Consiglio Pastorale, previa consultazione e confronto di alcuni modelli di statuto e di organizzazione.

            Dopo i suoi primi passi. l’organismo (che d’ora in avanti in questo testo indicheremo per brevità con la sigla delle sue iniziali: CPP) si è poi mantenuto funzionante negli anni, senza alcuna interruzione e con sufficiente regolarità, malgrado il periodico avvicendarsi dei religiosi cui era affidata di volta in volta la responsabilità di Parroco, che ne comporta anche la funzione di Presidente. Nel suo operare, il CPP, si è attenuto sostanzialmente a un ruolo consultivo prevalentemente volto all’approvazione delle proposte presentate dal presidente, ma talora ha anche prospettando qualche suggerimento per un migliore adattamento alle esigenze o agli usi della comunità parrocchiale, ritenendo quello il modo istituzionale per assolvere il suo compito.

            Evidentemente, alle scadenze rituali, il CPP è stato oggetto di parziali rinnovi per sostituire coloro che non erano più in parrocchia o che desideravano lasciare spazio ad altri. In qualche tornata ci si è avvalsi del suffragio popolare, in altre, se le persone da sostituire erano poche, è stata data la preferenza alla chiamata diretta da parte del Parroco o alla cooptazione per approvazione generale.

 

c) Scelte organizzative per un’azione efficace.

            Per rendere più funzionale il CPP, sono anche state formate delle Commissioni che saltuariamente hanno offerto qualche contributo in termini di proposte e iniziative giudicate utili per conseguire obiettivi a breve termine. In genere ogni commissione si muoveva singolarmente, e solo in rari casi ne dava notizia alle consorelle o ne sollecitava la compartecipazione. La più vivace era quella caritativa, che tuttavia aveva più la fisionomia di un gruppo concretamente funzionale nel proprio settore che non i caratteri peculiari di una commissione.

            I rapporti fra la comunità dei religiosi col parroco e i membri del CPP si sono instaurati e sempre conservati formalmente corretti (ciascuna delle parti si atteneva alle competenze statutarie), pur nella cordialità e vivacità sul piano dei rapporti umani.

 

d) L’evolversi del concetto di base come innovazione culturale.

            Ma il passare del tempo, i cambiamenti socioculturali e una crescente maturazione ecclesiale sull’insieme di innovazioni che si andavano scoprendo in sede di studio e di approfondimento dei documenti prodotti dal Vaticano 2°, hanno condotto a una rivisitazione del ruolo dei laici nella Chiesa, mediante un serio e corposo dibattito sui nuovi significati da attribuire ai termini “Collaborazione” e “Responsabilità”.

            Ne è derivata necessariamente una revisione profonda sul modo di intendere e di attuare il Consiglio Pastorale, i suoi rapporti coi religiosi e col territorio, ossia con la comunità parrocchiale. Ciò ha implicato un radicale cambiamento di mentalità, tutt’altro che facile poiché presupponeva l’assunzione di nuovi parametri culturali e relazionali da parte di tutti i componenti religiosi e laici del CPP.

            A seguito del recente rinnovo di tre anni fa, il Consiglio si è orientato e avviato su un percorso di rinnovamento culturale e spirituale per introdursi in una forma di collaborazione nuova, assai diversa dalla precedente e maggiormente impegnativa sia per i religiosi che per i laici.

           A tal fine un intero anno lo si è dedicato alla formazione, sospendendo ogni altra attività che non fosse indispensabile, ed effettuando riflessioni e dibattiti mirati a focalizzare la necessità di passare da un atteggiamento passivamente approvativo a quello propositivo, pur sempre senza sconfinare nel deliberativo.

 

e) Concretezza di un aggiornamento/cambiamento.

            Nel frattempo si è cominciato a delineare quali sarebbero state le caratteristiche del nuovo modello funzionale basato sulla propositività e sulla progettualità, non più come attribuzione quasi esclusiva della componente religiosa, ma come compito che chiamava in causa i laici e che avrebbe avuto come linea di forza la corresponsabilità.

            In tale sede non sono mancate le perplessità come conseguenza di una attenta analisi previsionale, per fare emergere gli aspetti positivi e quelli di rischio di una scelta che non sembrava suscettibile di ripensamenti. Le conclusioni, pur con ancora qualche riserva e alcuni dubbi residui, erano arrivate a configurare come possibile la nuova esperienza, per cui si è deciso di intraprendere il cammino, col proposito di effettuare delle verifiche in itinere.

           In buona sostanza, la parte laica del CPP, anche contando sulla assicurazione dei religiosi dichiaratisi a loro volta disponibili alla modifica del loro precedente ruolo, ha espresso adesione per la nuova e diversa forma di collaborazione cui la Chiesa li chiamava, confidando di saper assumere l’aumento di responsabilità richiesta, pur nella consapevolezza di dover affrontare e superare un periodo di transizione e adattamento.  

 

f) Cambiamenti nell’ambito delle Commissioni.

La profonda modifica operata nel modo di essere e di concepire l’impegno della pastoralità

del rinnovato CPP hanno reso indispensabile il ripensamento del ruolo delle sue Commissioni affinché potessero realizzare il compito di indirizzo e propulsione dei gruppi operativi ad esse collegati. Anche in questo caso la soluzione del problema non appariva semplice e piana.    

           Perplessità sono sorte, non tanto quando è stata configurata la necessità della ricostituzione di Commissioni in seno al Consiglio, quanto al pensiero che la razionalità e l’efficacia della loro azione esigevano il mantenimento costante di rapporti reciproci e di collegamenti fra esse e l’intero CPP, ad evitare isolamenti e compartimenti stagni non del tutto improbabili e certamente inopportuni oltreché dannosi.

            Dopo un’ulteriore pausa di circa 3 mesi di riflessione, sono state formate 4 Commissioni per le seguenti aree concrete: Catechesi e liturgia, Carità e missione, Educazione e oratorio e, infine, Economia. La loro funzionalità concreta è agevolata dal fatto che – come accennato prima - ciascuna può contare su un corrispondente gruppo attuativo.

           A un anno di distanza, poi, dalla loro costituzione, si è proceduto a un primo bilancio che ha consentito al Consiglio in seduta plenaria di dare una valutazione positiva dei risultati (senza nascondersi il dovere di intervenire sui punti d’ombra ancora rimasti) sia per le proposte avanzate, sia per le iniziative realizzate, nonché per la fedeltà al traguardo dei collegamenti e delle sinergie.

 

g) Il rapporto religiosi-laici.

            Nessun ambito è stato affidato totalmente alla responsabilità dei laici: i religiosi, e il Parroco in specie, hanno puntualmente partecipato agli incontri e alle progettazioni, senza esercitare imposizioni, ma contribuendo con la loro specifica esperienza ministeriale e umana alla effettiva realizzabilità delle iniziative, suggerendo, consigliando, approvando o esprimendo riserve, a seconda dei casi e delle, necessità, incoraggiando e aiutando così nel superamento dei momenti di dubbio o di incertezza. Hanno pertanto dato un concreto apporto nel tener viva e far crescere nei laici la coscienza di essere, per certi aspetti, coadiutori diversi dai religiosi, ma con una propria responsabilità nella vita della Parrocchia.

            La transizione, ormai giunta a buon punto, non è stata indolore tanto per i frati quanto per i laici; i primi riconoscono non essere stato semplice svestirsi del ruolo di autorità per individuare campi, tempi e misure dove “passare la mano” ai laici, senza delegare quello che, essendo specifico, rimane di loro competenza. I secondi hanno avuto il tempo per rendersi conto di quanto sia impegnativo l’esercizio del diritto-dovere di collaborare responsabilmente, facendosi carico realmente e personalmente di un “sogno e di progetti comuni” a entrambe le parti, consapevoli sempre più di star assecondando una vocazione, ossia una chiamata nella quale è doveroso per i cristiani corrispondere nella misura massima possibile, superando l’inciampo della gratificazione personale per vivere maggiormente la carità verso i fratelli.

 

h) I primi effetti del cambiamento.

            In quest’ultimo anno si sono manifestati con maggior evidenza le differenze conseguenti alla scelta fatta. Si sono diradate le riunioni plenarie del CPP, ormai chiaramente finalizzate a favorire lo scambio di informazioni, la valutazione delle cose fatte, i rapporti fra le commissioni e il Consiglio, l’individuazione delle prospettive per il futuro ed in caso di necessità, l’esame di eventi di particolare rilievo o straordinari.

            Si sono infittite le riunioni delle Commissioni che, ove occorra affrontare questioni trasversali, hanno instaurato la consuetudine di operare congiuntamente per una maggior incisività e al fine del raggiungimento più completo degli obiettivi. Si registra, in proposito, un altro segnale di una riconosciuta maggiore autonomia e capacità organizzative: i religiosi e il Parroco, pur conservando la supervisione di quanto avviene, hanno rarefatto la loro partecipazione personale ai lavori delle Commissioni.

            Segnali incoraggianti a proseguire sulla via intrapresa vengono anche dal clima che si registra nelle riunioni del CPP e nei rapporti fra i suoi componenti. Si coglie da più sintomi che l’accresciuto senso di corresponsabilità lì ha resi più uniti ed ha instaurato fra loro quella che si potrebbe definire una positiva complicità, nel senso che la loro partecipazione sembra dipendere in misura gradualmente decrescente dal dovere di assolvere a un compito, per rispondere invece a una motivazione interna, condivisa da tutti, di “voler” agire per il bene comune della realtà parrocchiale.

 

i) Le prospettive del futuro.

            I passi positivi registrati hanno però messo in luce la necessità di misure migliorative, tra le quali appaiono tutt’altro che trascurabili, la ricerca di nuove risorse umane per aumentare la consistenza delle commissioni numericamente esigue (che comporta ovviamente una minor risorsa di idee e di creatività) e la eliminazione di impegni plurimi per le stesse persone, restituendo loro una disponibilità più piena di dedicarsi a un solo compito, in ossequio al principio che attribuisce maggior importanza alla qualità che non alla quantità delle presenze Né si dovrà trascurare la ricerca di altri parrocchiani da coinvolgere a servizio della comunità il che, oltre a conferire nuovo slancio al CPP, varrebbe a moltiplicare i canali di contatto per il riscontro della qualità della vita dei parrocchiani, e per mirare con più cura ed efficacia le risposte alle esigenze che ne emergono.

            Nessuno si illude che il proseguire nella direzione voluta e abbracciata con la scelta di questa esperienza offra d’ora in avanti una strada tutta in discesa, tuttavia appare molto significativo che anche coloro dai quali erano inizialmente state sottolineate le possibili difficoltà e ventilati i rischi del “nuovo corso”, non solo non vi facciano più alcun riferimento, ma partecipino esattamente col medesimo spirito degli altri alle attività del CPP, dando prova di aver avvertito e recepito la forza stimolante di questo nuovo modo di essere Chiesa e di intendere la carità nei confronti del fratelli.